IL SANTO SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA
P. Mateo Crawley, CC.SS.
Inno di
Gloria
L'unico degno
della Santissima Trinità
"All'Augusta Trinità, per
Gesù Cristo, Sommo ed Eterno sacerdote, omaggio di riconoscenza e di amore
riparatore, in occasione dei miei cinquanta anni di sacerdozio. Magnificat!
Miserere! Adveniat!" (17 dicembre 1898-1948)
Il mistero
della divina Eucaristia comprende due meravigliosi capitoli: il Santo
Sacrificio della Messa, fonte divina, inesauribile di grazia... e il
Santo Sacrificio dell'Altare che, sotto il punto di vista teologico, è il
Consummatum est, la consumazione
liturgica del Sacrificio.
Normalmente
entrambi dovrebbero restare spiritualmente uniti.
Disgraziatamente succede spesso che, senza un motivo
sufficiente, si separa l'uno dall'altro, non senza detrimento per la vita
eucaristica come pure per la vita spirituale. Il Santo Sacrificio è la fonte di
vita divina da cui deriva il torrente sacro che è il Sacramento... Così la Santa
Comunione e il Santo Tabernacolo sono torrenti di grazie che sgorgano dal
Sacrificio.
Stabiliamo subito, con
due affermazioni tanto categoriche quanto dottrinali, la differenza
reale che esiste tra l'uno e l'altro.
Il Sacrificio
è l'Offerta che il Verbo fa di Se stesso al Padre con queste parole:
"Ecco lo vengo, o Dio, per fare la tua volontà" (Eb X, 7) - "Si è fatto
obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce" (Fil II, 8). Il Sacrificio è
dunque la realizzazione ineffabile, sull'Altare come sul Calvario, di queste
parole: "Tradidit semetipsum"! (Ef V, 2). Per la gloria del Padre e la
redenzione dell'uomo colpevole, il Figlio di Dio si abbandona in olocausto al
Padre... Abbandono mille volte sublime che si potrebbe glossare con queste
povere parole: "Padre, poiché tu vuoi che io muoia, sia fatta la tua volontà!...
Sì, mi sono incarnato per poter morire crocifisso, perché voglio essere tua
Vittima di lode e di propiziazione. Io voglio, Padre, glorificarti tanto e molto
più di quanto il peccato ti abbia oltraggiato".
E che cos'è
il Santo Sacramento? Dopo essersi così abbandonato al Padre, il Figlio
si volge verso di noi, suoi "filioli", i suoi piccoli figli, e ci dice:
"Il Banchetto reale è già pronto, venite dunque tutti, mangiate il mio Corpo,
bevete il mio Sangue. Ora io mi do a voi... Venite. Io sono la Manna
discesa dal Cielo. Io sono il vostro Nutrimento e il vostro Pane. Io sarò
Gesù-Ostia, tutto vostro, fino alla consumazione dei secoli".
Nel
Sacrificio, il Verbo fatto
carne si dà al Padre quale Ostia. Nel Sacramento, sempre quale Ostia, si dà alla
Chiesa e al popolo fedele.
È dunque chiaro che
Gesù-Vittima è assolutamente la stessa Ostia nel Sacrificio e nel Sacramento.
Ma l'Ostia del Sacrificio non è offerta che al Padre... mentre l'Ostia del
Sacramento è data e abbandonata ai fedeli.
Se
l'eccellenza tutta divina dell'Ostia nel Sacrificio e nel Sacramento è
assolutamente identica, la qualità di colui che la riceve differisce in una
misura... infinita. Nel Sacrificio è il Padre, la cui eccellenza è infinita, che
riceve Gesù-Ostia. E nel Sacramento colui che Lo riceve è l'abisso di niente e
di peccato, che siamo noi tutti.
La
consumazione della Vittima nella Santa Comunione costituisce la consumazione
liturgica del Sacrificio. Ciò è talmente vero che, secondo le parole di Sua
Santità Pio XII nella enciclica Mediator Dei, la Comunione "è
assolutamente necessaria da parte del ministro sacrificatore". Ma non ci
sarebbe né Santa Comunione, né Santo Tabernacolo, né pertanto esposizione e
visita del Santo Sacramento, senza la Santa Messa che rinnova sull'Altare la
Presenza reale.
La Santa
Messa, liturgicamente considerata, comprende tre parti e cioè:
- l'oblazione
o Offertorio;
- la
Consacrazione delle due specie che costituisce il centro e l'essenza
stessa del Sacrificio; - e la Santa Comunione che ne è il compimento, la
consumazione richiesta dal Sacrificio della Messa.
E chi
offre la Santa Messa? Tre
persone, ma la cui operazione è di una virtù liturgica molto differente.
Anzitutto
l'adorabile Pontefice, il Cristo-Gesù, il "Sommo Sacerdote secondo l'Ordine di
Melchisedech" (EbV, 10). Egli è al tempo stesso e il divino Officiante e anche
la sacrosanta Oblazione sacramentale.
Poi, per
Lui, con Lui e in Lui l'altro Cristo, che è il Sacerdote, ordinato
Ministro ufficiale espressamente per offrire il Santo Sacrificio.
"Sacerdotium propter sacrificium", il Sacerdote è stato istituito per
offrire il Sacrificio. Egli, mentre compie all'Altare questa "maxima
actio", è investito del Sacerdozio e del potere di Cristo, in virtù delle
parole pronunziate dal Salvatore nell'ultima Cena: "Fate questo in memoria
di Me" (Lc XXII, 19).
Ed infine, con una
specie di concomitanza spirituale, i fedeli offrono il Sacrificio insieme con
il Sacerdote, ma in una misura limitata e discreta, soltanto nell'Offertorio e
nella Comunione della Vittima. Perciò, perché la Messa è essenzialmente un
culto sociale e pubblico, la Chiesa esige sempre la presenza all'Altare di un
rappresentante del popolo che è colui che serve la Messa o il chierichetto.
Costui, nella sua funzione ufficiale, in quanto "luogotenente" del popolo, deve
presentare al Celebrante il vino e l'acqua. E in virtù sempre della sua qualità
di "deputato", egli avvia con il Sacerdote quel dialogo che, nei primi secoli
della Chiesa, fu la forma liturgica stabilita per la celebrazione del Santo
Sacrificio.
È con immensa
soddisfazione che constatiamo che da qualche tempo si predica e si scrive molto
sulla S. Messa. E grazie a ciò, lo riconosciamo, i fedeli hanno fatto un grande
passo verso l'Altare, manifestando una fede più illuminata e più
cosciente.
Ammettiamo,
tuttavia, che si è ancora lontani dall'ideale perseguìto dalla Chiesa in questa
questione così importante... Ahimè! sono ancora troppi i buoni che mancano di
una solida istruzione, del catechismo... Ahimè, sono legione quelli che vengono
alla Messa unicamente o quasi per comunicarsi, e non, certamente, per prendere
parte al Sacrificio, non per glorificare la SS.ma Trinità... Per quante anime
pie la divina Eucaristia si riduce al Pane consacrato che si distribuisce alla
Sacra Tavola!
La S. Messa è
per costoro una bella cerimonia liturgica durante la quale si suole fare la S.
Comunione. La Messa non è dunque per essi il grande Sacrificio, vero centro
della Chiesa, ma soltanto la chiave d'oro che apre il Tabernacolo quando, per
devozione privata, si vuole ricevere Gesù-Ostia... È perciò che, durante la
Messa, si recitano delle novene, dei rosari, inconsapevoli o quasi del Dramma
divino che si svolge sull'Altare. Io l'ho detto: ci sono di quelli che separano
il Sacrificio dal Sacramento.
Come ha
ragione quel gran teologo che ha scritto: "Colui che non apprezza la S. Messa
non sarà mai un'anima veramente eucaristica; non apprezzerà mai la S.
Comunione, anche se la riceve tutti i giorni"... In effetti, l'ignoranza e
l'abitudine unite insieme hanno in questo caso un ruolo nefasto. Esse fanno del
S. Sacramento una devozione insipida e senza sostanza, come un latte
scremato!
E che cosa
dicono il Catechismo e la Teologia sul Santo Sacrificio? Prima di
entrare direttamente in questo argomento impegnativo, ci tengo a fare
un'osservazione di estrema importanza.
Scrivendo questo
capitolo io voglio assolutamente offrire ai cari lettori un pane di luce per lo
spirito, ma anche un pane consacrato per il cuore. Voglio dire che, con questa
esposizione, io mi propongo, certamente, di dare una grande luce che dia una
profonda convinzione soprannaturale sul mistero dei nostri Altari. Sì, io
voglio chiarire e istruire, perché la fede del "carbonaro" non è più dei nostri
giorni. Ma io voglio anche, ci tengo soprattutto a riscaldare le anime
nell'amore di Gesù Cristo. E tanto più lo voglio perché vi sono dei buoni libri
che producono solo una scarica di luce elettrica, terribilmente
fredda.
Voglia, a
questo scopo, il Cuore di Gesù animare il mio pensiero e la mia penna perché io
possa scrivere con la fiamma di una grande unzione!
Sì, io vorrei
tanto infiammare tutti coloro che mi leggono. Come sarei contento se i miei
lettori potessero parlare come quello studente che scriveva ad un suo amico
Sacerdote: "Padre, il vostro libro riscalda la mia anima, il vostro stile mi fa
piangere e le mie mani nel girare le pagine, bruciano... Mi domando come la
vostra penna, arroventata, possa ancora resistere e scrivere!".
Perché non
sarebbe possibile unire, in perfetta fratellanza, molta dottrina e molta
unzione, un ragionamento solido e un grande amore? Perché no? Per quale motivo,
parlando delle cose divine, bisogna stabilire un divorzio tra la testa e il
cuore?... Perché questa strana anomalia? Bisogna certamente illuminare, è un
bisogno tanto nobile quanto indispensabile; ma bisogna nello stesso tempo
edificare e accendere una fiamma di carità. Il Vangelo ce ne dà un meraviglioso
esempio; è al tempo stesso sole che illumina e sole che vivifica con il calore
della carità. "Ego sum lux mundi"; dice il Maestro (Gv VIII, 12). E
aggiunge: "Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra"... (Lc XII, 49).
"Venite a Me voi tutti" (Mt XI, 28).
Per niente al
mondo vorrei dare la delusione di scrivere un libro che sia uno scheletro
disincarnato senza l'anima dell'amore! E che? L'Amore di Dio non è il più alto
vertice e la sostanza della più autentica teologia? Ricordiamoci che il genio
che scrisse la "Somma" incomparabile, compose anche il capolavoro che è la
Messa del Santissimo Sacramento. Io non invidio il cervello meraviglioso del
Dottore Angelico, ma invidio la fiamma del suo cuore sacerdotale, perché io sono
sacerdote come lui.
La Chiesa,
d'altronde, lo dice molto bene in questa invocazione bella e semplice nello
stesso tempo: "Intellectum illumina", illumina la mia intelligenza,
"Affectum infiamma", infiamma il mio cuore! entrambe le cose: la luce
apre la via alla grazia, e l'amore completa e rende efficace la sua
azione.
Il Sacrificio
Un 25 marzo,
lo Spirito Santo dando al Verbo di Dio un corpo nel seno verginale di Maria, Lo
consacrò Sommo Sacerdote per la gloria della Trinità e Lo costituì Vittima
redentrice d'Adamo e della sua discendenza... Così afferma la Chiesa
nell'Orazione della bellissima Messa di Gesù Cristo Sommo Sacerdote: "O Dio che,
per la gloria della Vostra Maestà e per la redenzione del genere umano, avete
costituito il Vostro Unigenito Figlio sommo ed eterno Sacerdote"
(Messale).
Per
l'Incarnazione il Figlio di Dio diveniva, in quanto Figlio dell'uomo,
passibile, capace di soffrire, di agonizzare e di morire, Lui, l'immortalità e
la vita. Incarnandosi per fare la volontà del Padre, il Verbo si consegnò Lui
stesso alla morte: "quia Ipse voluit" (Is LIII, 7).
Infatti, era
disceso come Messia e Salvatore: "salvum facere quod perierat" (Lc XIX,
10). Veniva espressamente per divenire l'olocausto di immenso valore del
Sacrificio per eccellenza, quello della nuova Alleanza. Ah! com'è commovente e
sconvolgente considerare che, potendoci salvare su un Tabor risplendente di
gloria e di delizie, Egli ha scelto per amore la follia e l'ignominia della
Croce!
Detto ciò,
con l'animo pieno di gaudio, entriamo nell'argomento. Voglia Iddio che, grazie
a questa meditazione, le anime si sentano perdutamente innamorate dell'augusto
Mistero di cui parliamo. Più che mai lo Spirito Santo sia con me! Che cos'è la
Messa, secondo la Chiesa? Il Santo Sacrificio è l'Adorazione di Gesù Cristo,
l'Uomo Dio, che loda il Padre e la Trinità sull'Altare come sul Calvario, che Lo
glorifica come Lo glorificava in cielo "prima che il mondo fosse" (Gv XVII, 5).
- Sì, il Figlio di Dio, Pontefice e Ostia, Dio Lui stesso, adora Dio suo
Padre.
La sua
Adorazione è divina!
Che cos'è
fondamentalmente il Dramma eucaristico? Il S. Sacrificio è l'Espiazione perfetta
che Gesù Cristo, Uomo-Dio, offre sull'Altare al Padre gravemente offeso dalla
ribellione criminale del peccato. E dunque Lui, l'Agnello senza macchia, si
immola dall'aurora al tramonto e offre il suo Sangue prezioso in olocausto di
Propiziazione per i nostri innumerevoli peccati, e così salva i peccatori!
La sua
Espiazione è divina!
Teologicamente che cos'è la S. Messa? Il S. Sacrificio
è l'Eucaristia o Azione di ringraziamento che Gesù Cristo, l'Uomo Dio, offre al
Padre, in nome dei figli colmati di doni, ma così ingrati! Senza questa Azione
di grazie suprema la nostra nera ingratitudine attirerebbe l'ira divina. Ah! per
quanti benefici spirituali e temporali noi dobbiamo essere riconoscenti al
Cielo! ... Per il Battesimo di acqua; per il Battesimo di sangue sul Calvario;
per il Battesimo di fuoco nel Cenacolo, la meravigliosa Pentecoste; per la
nostra filiazione di figli adottivi del Padre. Per l'oceano di grazie dei
Sacramenti. Per l'Arca di salvezza che è la Chiesa e, in essa, per la roccia
del Pontificato romano. Per la Maternità divina e la mediazione universale di
Maria, e per tutti i suoi privilegi che sono altrettante grazie per noi. Per il
Dono dei doni che è l'Eucaristia-Sacrificio e l'Eucaristia-Sacramento fino alla
consumazione dei secoli: "In finem dilexit eos" (Gv XIII, 1).
Il suo
Ringraziamento è divino!
Che cos'altro è questo
prodigio inaudito dell'Altare? - Il S. Sacrificio è 1'Impetrazione di Gesù
Cristo, l'Uomo-Dio, che, con piena conoscenza della nostra grande indigenza
morale, domanda al Padre, con pari sapienza e misericordia, una pioggia di
benedizioni e di grazie che solo Lui conosce e che solo Lui può ottenere...
Perché Egli ha detto: "Il Padre Mi ascolta sempre" (Gv XI, 42).
È il nostro
Avvocato il cui grido sale incessantemente in nostro favore fino al Trono
dell'Altissimo. Molto meglio di Mosè, Gesù Cristo sull'Altare alza le mani
supplicanti e trafitte e ci protegge contro i rigori della Giustizia. Ed è
perciò che i favori che Egli ci ottiene superano di gran lunga il numero dei
nostri delitti.
La sua
Impetrazione è divina!
Non possiamo
meglio chiudere e coronare queste riflessioni gravi e commoventi se non
riportando qui la definizione testuale del S. Sacrificio data da Sua Santità Pio
XII. Egli dice. "Il Sacrificio eucaristico consiste essenzialmente
nell'immolazione incruenta della Vittima divina, immolazione che è misticamente
indicata dalla separazione delle Sante Specie e dall'oblazione fatta all'Eterno
Padre. La S. Comunione appartiene all'integrità del Sacrificio e alla
partecipazione ad esso per mezzo della comunione dell'augusto Sacramento; ma,
mentre è assolutamente necessaria da parte del Ministro sacrificatore, ai fedeli
essa è solamente da raccomandarsi vivamente".
Fermiamoci
qui, perché la bellezza di queste riflessioni esige un commento, breve, ma pieno
di luce e di fuoco. Romperemo, perciò, in briciole saporite questo pane di
dottrina. Che esse non vadano perdute! Prendetele, mangiatele con amore!
La voce del
Cristo, Pontefice e Mediatore, che adora, che espia, che ringrazia e che domanda
al Santo Altare è davvero la voce della Chiesa cattolica. Infatti, la Santa
Messa è l'omaggio ufficiale, sociale e pubblico dell'umanità redenta e
cristiana, che attraverso le labbra e le piaghe del Cristo Mediatore adora,
loda e benedice all'Altare il Dio-Uno nelle sue tre adorabili Persone. Ecco
perché una sola Messa rende gloria a Dio più di tutti i miracoli e della lode
della Corte celeste degli Angeli e dei Santi. È un Dio che all'Altare adora e
loda Dio con una lode infinita.
La Messa è
dunque un omaggio divino, quello del Sacrificio, e una preghiera collettiva,
mai un culto di devozione privata come le visite al Santissimo Sacramento, la
Via Crucis, il Rosario. È il grande grido cattolico della famiglia cristiana che
soffre in questo esilio la nostalgia del Cielo.
Per Lui, con Lui, in Lui
Per ben
cogliere l'imponente maestà della Messa, evocherò ora, e con grande emozione,
un gesto del Celebrante che riassume mirabilmente tutto l'ideale della
glorificazione del Padre e della Trinità per mezzo dell'adorabile Pontefice e
Mediatore della Santa Messa.
Mi sembra che
in quel momento, mille volte sublime, i nove cori degli Angeli, tutta
l'Assemblea dei Santi e il Purgatorio, circondando da vicino il Celebrante,
debbano bere le sue parole e stare sospesi ai suoi gesti, pieni di una divina
maestà.
Poco dopo la
Consacrazione il Sacerdote, tenendo nella sua mano destra l'Ostia divina,
traccia con Essa cinque croci sul prezioso Sangue del Calice dicendo: "Per Lui,
con Lui, e in Lui a Te Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria"! E nel dire ciò, solleva insieme verso il cielo l'Ostia
Santa e il Calice.
Sottolineiamo
calorosamente la grandezza inesprimibile di questo gesto che sembrerebbe
divino...
Lo stesso geniale S.
Paolo, discendendo dal terzo cielo, avrebbe trovato l'eloquenza necessaria per
spiegarci tutta la maestà di questa formula liturgica, ricca di un significato
infinito?
Per
Lui, l'Uomo-Dio di Betlemme,
del Tabor e del Calvario, realmente presente tra le mani del Sacerdote, come lo
fu nelle mani di Sua Madre...
Con
Lui, l'Uomo-Dio crocifisso,
morto e risuscitato... che è salito al Cielo e che è assiso, come Dio, alla
destra del Padre, e al quale il Padre ha conferito ogni potere in cielo e in
terra...
In
Lui, l'Uomo-Dio per mezzo
del quale e per il quale tutto è stato fatto, e che è stato costituito Re
immortale e il Giudice che verrà sulle nubi del cielo per giudicare i vivi e i
morti...
Sì, per
Lui, con Lui e in Lui, sia gloria infinita all'augusta e adorabile
Trinità!
Se in quel
momento un bagliore miracoloso illuminasse il celebrante rivelandogli il
significato di quel gesto, egli morrebbe, non di paura, ma di sorpresa e di
gaudio! Solo la Vergine Madre ebbe l'insigne privilegio di superare il
Sacerdote con l'oblazione che fece del Figlio al Padre, a Betlemme, al Tempio di
Gerusalemme e sul Calvario.
Non è dunque
la Messa l'inno ufficiale della gloria, il solo degno dell'augusta Trinità?
E a questo
fine assaporiamo dilettandocene una magnifica strofa di questo inno, quale Gesù
Cristo stesso lo ha insegnato agli apostoli e quale Egli lo canta all'Altare con
la liturgia e la voce della Chiesa: "Padre Nostro che sei nei Cieli... Padre,
sia santificato il tuo nome!... Padre, venga il tuo regno!... Padre, sia fatta
la tua volontà come in cielo così in terra!".
Oh, pensate
che 1'Orante che così prega è niente di meno che il Verbo Incarnato, il Figlio
di Dio e di Maria che, all'Altare esalta la gloria di Colui che è suo e nostro
Padre! Si può perciò affermare che la creazione dell'universo dal niente è
soltanto una scintilla di gloria, paragonata alla gloria che Gesù, Sommo
Sacerdote, rende all'Altare alle Tre Persone dell'augusta Trinità.
E ora,
fissando i nostri occhi e il nostro cuore sul Golgota dell'Altare, facciamo
un'audace supposizione, creazione molto legittima e verosimile della nostra
fantasia... Il Signore stesso se ne è servito per dipingere gli inimitabili
quadri dei suoi discorsi pieni di immagini e delle sue incomparabili parabole.
Ecco: supponiamo, che al tempo degli Imperatori romani Augusto e Tiberio, si
fossero già scoperti e anche diffusi i meravigliosi apparecchi
"Registratori-Radio-Televisione", ma ancora più perfezionati che ai nostri
giorni. E supponiamo che Cesare, informato dai suoi agenti dell'emozione
prodotta in Palestina dalla predicazione di Gesù e dalla risoluzione del
Sinedrio di farLo morire, avesse ordinato a Pilato di inviare a Roma, con il
dossier del processo, un film del dramma della crocifissione del preteso Re dei
Giudei. Quale non sarebbe la nostra indicibile emozione se questo film
audio-visivo, riproduzione esatta, grafica del deicidio del Venerdì santo, si
svolgesse nelle Chiese, prima del Santo Sacrificio della Messa, davanti ai
nostri occhi! Questo film sarebbe una sorta di visione di ordine naturale e
scientifico del dramma divino dei nostri Altari. Ci permetterebbe di ascoltare
le sette parole di Gesù e anche le bestemmie di cui i nemici abbeverarono la
Vittima divina. Noi vedremmo con i nostri occhi ciò che videro i tre testimoni
fedeli, Maria, Giovanni e Maddalena. Noi assisteremmo come loro a ciò che fu la
scena del Calvario, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, in quel Venerdì
Santo.
Ebbene,
esattamente così, ma infinitamente di più, è la meravigliosa realtà che la Fede,
che non può ingannarci, mostra ai credenti attraverso un velo sottile e
trasparente, quando, ben istruiti e devoti, assistiamo al Santo Sacrificio.
Questo film avrebbe rappresentato un fatto passato, come la Sindone di Torino,
mentre la S. Messa ci offre una realtà attuale e presente.
In effetti,
sono venti secoli che nella Chiesa cattolica una Messa, tre volte santa e
ininterrotta, è stata sempre celebrata, quella del Venerdi Santo, esattamente
quella di cui Gesù Crocifisso fu nello stesso tempo Pontefice e Vittima. È
questa stessa Messa, rinnovata, riprodotta, prolungata attraverso i secoli, che
è essenzialmente la nostra Messa quotidiana... Ancora una volta, non un bel
simbolo religioso, non un film ammirabile, registrato, diciamo così,
dagli-Angeli; no, ma la stupenda e divina realtà del Calvario, esattamente
riprodotta sull'Altare, eccetto la sofferenza e il versamento di sangue, dato
che la Vittima eucaristica è oggi impassibile perché gloriosa.
Sulla base di
questi princìpi, il Concilio di Trento dichiara che il Santo Sacrificio compie,
innanzi tutto, un'opera di stretta giustizia, pagando il riscatto delle nostre
colpe con il "Sangue dell'Agnello che toglie i peccati del mondo".
È dunque un
fatto certo, di ordine soprannaturale, che il Santo Sacrificio ci salva placando
la divina Giustizia, offrendo nel Calice il prezzo stesso già offerto sul
Calvario. Senza questo riscatto, il solo adeguato, i nostri delitti non
avrebbero remissione. Ma fortunatamente Gesù è morto gridando: "Padre, perdona
loro!".
Una volta che
l'opera di rigorosa giustizia è compiuta, la misericordia risplende come un sole
sfolgorante. La riconciliazione è suggellata tra il cielo e la, terra
ribelle... Ma Dio esige che noi applichiamo costantemente alle cicatrici delle
nostre anime peccatrici il Sangue redentore. Ah! versato una volta sul Calvario,
esso riempie il Calice del Santo Sacrificio.
Bisogna però
far notare chiaramente la differenza tra il Golgota in Gerusalemme e il Calvario
dei nostri Altari. Questo è un Tabor glorioso, anche se sempre imporporato di
un
La S. Comunione
Ecco un'altra
briciola deliziosa che ha tutto il sapore del Sangue dell'Agnello!
Parliamo
della S. Comunione la quale, secondo la sana dottrina e la liturgia, è il
"Consummatum est!" di Gesù, cioè la consumazione mistica del Sacrificio,
il suo termine, il suo coronamento.
L'abbiamo già
detto: non c'è Messa senza Comunione del Celebrante, ma non c'è neppure
Comunione senza Messa, secondo i princìpi della liturgia e del Sacrificio.
Ma qual è
teologicamente parlando il fine supremo della Comunione eucaristica? Quale
dovrebbe essere il nostro più veemente desiderio, il nostro grande ideale nel
ricevere GesùOstia?
Io rispondo
categoricamente che il fine supremo della S. Comunione è essenzialmente legato a
quello del S. Sacrificio, cioè: la glorificazione della SS.ma Trinità. Questo è
evidente perché la Comunione è della stessa natura del Sacrificio; essa è dunque
liturgicamente un banchetto sacrificale che si integra col Sacrificio.
Noi dobbiamo
dunque fare la S. Comunione per lo stesso altissimo fine per il quale offriamo
il S. Sacrificio, vale a dire in omaggio di gloria e di fede della SS.ma
Trinità. La S. Comunione, in effetti, completa ciò che il Sacrificio ha
incominciato. Ecco perché il fine supremo dell'uno e dell'altro è identico:
"Gloria Patri, per Jesum Christum
Dominum Nostrum!".
Secondo
questa bella e solida dottrina, se dunque il Celebrante consacra un grande
ciborio con 500 ostie, vuol dire che i 500 fortunati comunicanti vogliono, alla
Sacra Mensa, rendere alla SS.ma Trinità la stessa gloria che il Celebrante Le
rende all'Altare. Così Sacrificio e Sacramento sono lo stesso identico, inno di
lode divina, lo stesso inno di gloria a Dio.
Ciò detto,
dobbiamo affermare molto categoricamente che la S. Comunione ha in più un altro
scopo capitale che ci riguarda tutti personalmente: secondo l'insegnamento
formale di Cristo, la S. Comunione è per istituzione divina un nutrimento
celeste. L'Autore stesso della grazia vi si dona, e Gesù Cristo diviene allora
per la S. Comunione alimento delle nostre anime: "Mens impletur
gratia".
La "Manna"
dell'Altare, il Pane degli Angeli, è, dunque, per un capolavoro dell'amore del
Salvatore, un alimento, fonte di vita e di vigore, dei viandanti in esilio che
sono i mortali. Noi ci comunichiamo per avere una vita soprannaturale e averla
sovrabbondante; ci comunichiamo per santificarci mediante questa unione
sacramentale, intima, con il Santo dei Santi.
La S.
Comunione è talmente un dovere sacro che il Salvatore ha dichiarato formalmente
che "colui che non mangia la sua Carne e non beve il suo Sangue, non avrà la
vita in sé, non avrà la vita eterna" (Gv VI, 54). Il Sacerdote, quando
distribuisce la Santa Comunione, ce lo dice: "Il Corpo di Nostro Signore Gesù
Cristo custodisca la tua anima per la vita eterna!". Il comunicante fervoroso
può ben dire con S. Paolo: "La mia vita è Gesù Cristo" (Fil I, 21).
Facciamo a questo punto
un'osservazione estremamente interessante. Eccola: il comunicante, che sa tener
conto della gamma dei valori spirituali, saprà anche, per ciò stesso,
intensificare in sé la grazia e il merito. Voglio dire che, quando un
comunicante fervoroso si è proposto nella sua Comunione prima di tutto di
onorare la SS.ma Trinità, per ciò stesso il Sacramento che riceve diventa in
lui prodigiosamente nutriente ed egli profitta della sua Comunione al cento per
cento, grazie a queste ammirabili disposizioni. È certissimo, in effetti, che
colui che dà al Padre e alla SS.ma Trinità la parte di onore che Gli tocca, la
parte principale, non soltanto non perde niente, ma moltiplica il suo tesoro e
lo rende meravigliosamente efficace.
Facciamo a
questo proposito un paragone: immaginiamo due invitati da un Re a un magnifico
banchetto; l'uno vi va soprattutto desideroso e affamato di godere delle
pietanze e dei vini della tavola reale; l'altro vi va soprattutto per onorare
colui che l'onora, per deferenza verso il Re, in omaggio d'affettuosa lealtà...
Ciò non gli impedisce, certamente, di godere del banchetto come l'altro, ma con
un atteggiamento ben più nobile e ammirevole. Io so bene che questo paragone,
per quanto bello, zoppica come tutti i paragoni; perché nel caso della S.
Comunione, il Re che invita e lo splendido banchetto che ci offre è sempre Lui
stesso!
Manteniamo,
perciò, molto strettamente uniti con la fede e l'amore, la gloria dovuta alla
SS.ma Trinità e il nostro profitto spirituale nel ricevere il SS. Sacramento.
Per un'ultima volta: colui che nel servizio di Dio, pur cercando molto
legittimamente il proprio profitto spirituale, dà al Signore la prima parte,
riceve tutto il resto, con il regno di Dio e la sua giustizia, e lo riceve
sovrabbondantemente... Sì, costui ha veramente trovato la pietra filosofale,
cioè, il segreto di convertire tutto in oro di buona lega.
Concludiamo
questa interessante esposizione: la S. Comunione è essenzialmente un banchetto
sacrificale che fa parte del Sacrificio come la parte del tutto. Il Sacrificio
richiede la consumazione che è la S. Comunione. Ed ecco perché è molto
conveniente che i fedeli facciano la S. Comunione durante la Messa.
Si è discusso
a lungo se, per partecipare al Sacrificio, i fedeli dovessero necessariamente
fare la S. Comunione durante la S. Messa. Ed ecco che Sua Santità Pio XII,
nella sua recente e bella enciclica, tronca questa discussione. Citiamo
testualmente le sue parole: "Non è raro che vi siano dei motivi per distribuire
la S. Comunione o prima, o dopo lo stesso Sacrificio... Anche in questi casi...
il popolo partecipa regolarmente al S. Sacrificio eucaristico... Se dunque,
nella sua materna accondiscendenza, la Chiesa si sforza di andare incontro ai
bisogni dei suoi figli, questi nondimeno, da parte loro, non devono facilmente
sdegnare tutto ciò che la sacra liturgia consiglia e sempre che non vi sia un
motivo plausibile in contrario, devono fare tutto ciò che più chiaramente
manifesta all'Altare l'unità vivente del Corpo mistico".
Egli si è dato... Diamoci anche noi!
C'è una
parola ispirata straordinariamente luminosa in riferimento ai misteri
dell'Incarnazione e della Croce e a quello, stupendo per bellezza e maestà, che
è il Sacrificio della S. Messa. Eccola questa parola luminosa: "Tradidit
semetipsum". Ed eccone il commento dottrinale.
Il Verbo di
Dio, per la gloria del Padre e per la redenzione dell'uomo colpevole, si dà
alla morte e alla morte di Croce! E anche, nei secoli, all'immolazione della
divina Eucaristia. È dunque "amoris victima" per riscattare i nostri
crimini e i nostri misfatti. Egli è sull'Altare quale olocausto di espiazione e
di propiziazione che arresta lo sdegno del Padre... Il suo Cuore lo vince, il
suo amore lo incatena per sempre!
Ora, nella celebrazione
della S. Messa, vi è un gesto trascendente e esclusivamente sacerdotale, quello
della Consacrazione. Il Sacerdote, nel compierlo, partecipa come non mai al
Sacerdozio di Cristo, investito di un potere unico conferito il Giovedì Santo
dal mandato ricevuto da Gesù stesso.
Ma sia il
Celebrante che i fedeli possono e devono realizzare un altro prodigio che la
celebrazione veramente santa del Sacrificio richiede dal Sacerdote e da quelli
che con lui offrono la Vittima divina. Questo prodigio morale deve consistere
nel raggiungere e riprodurre "l'abbandono totale del Cristo al Padre" per mezzo
del nostro abbandono, anche totale, alla volontà del Padre - "Pater, in manus
tuas commendo spiritum meum!" (Lc XXIII, 46).
Abbandonarci
così sarà morire tutti i giorni, "quotidie morior", con un'immolazione a
fuoco lento, abbandonandoci al Padre, alla sua volontà, per glorificarLo in
unione con l'abbandono di Cristo sulla Croce e sull'Altare. Questo abbandono
da parte nostra sarebbe perfezionare e coronare il Sacrificio con Gesù Cristo e
come Gesù Cristo, in qualità di "offerenti" che si abbandonano e di "vittime"
che si immolano: "Offerens et oblatio".
Ecco la celebrazione
integrale della S. Messa! Vale a dire che noi dovremmo aggiungere al rito
liturgico, mille volte sacro, il dono totale e volontario di noi stessi al
Padre, per mezzo di Cristo, Sommo Sacerdote, con il Cristo-Mediatore e nel
Cristo-Vittima.
Questa
celebrazione integrale non dura solo lo spazio di una mezz'ora, ma tutta la
giornata, e l'intera vita. Infatti, prima, durante e dopo la celebrazione
liturgica all'Altare, noi dobbiamo, con un immenso amore di generosità,
abbandonarci incessantemente e senza riserva al Padre che diede il suo Figlio
per amore, e anche al Verbo che si fece Vittima per amore al Padre e a noi. Due
Vittime in una sola e stessa immolazione.
Dobbiamo
essere pienamente convinti, preti e fedeli che il Rito sacramentale, per divino
che sia, non ci darà di per se stesso e contro la nostra volontà ciò che questa
partecipazione spirituale alla morte del Cristo, mediante il nostro abbandono e
la nostra morte morale, ci otterrà sicuramente.
Se dunque noi
lasciamo che il Signore si offra da solo, senza darci con Lui, noi faremo un
grosso taglio alla gloria accidentale e esteriore del Padre e noi perderemo un
enorme tesoro che ci era riservato.
È qui che
bisogna applicare l'assioma che afferma che la santità suppone, certamente,
l'amore che previene e che si riceve gratuitamente, ma essa consiste
praticamente nell'amore generoso che si dona in cambio. Abbandonarsi al Padre
per mezzo di Gesù Cristo è perciò un amore molto più grande di santità che il
semplice fatto di accettare i suoi doni.
Chiunque si
sforza di vivere pienamente e completamente la volontà di Dio, soprattutto
quando è una volontà che ci crocifigge, nelle ore del Getsemani e del Calvario,
costui sa veramente amare, perché sa donarsi in un perfetto abbandono.
Il Sacerdote
che con queste ammirabili disposizioni sale all'Altare offre pienamente il S.
Sacrificio, perché ne vive. E il fervente cattolico, che, pieno di questo
spirito, si avvicina alla Sacra Mensa, mangia e assimila la grazia della sua
santificazione... Una vita profondamente cristiana è una Messa vissuta!
"Padre - ha
detto il Verbo incarnandosi - ecco che lo vengo per fare la tua volontà,
morendo di una morte crudele e ignominiosa!" E Colui che parla così è il solo
Innocente, il solo Giusto, il solo Santo! Per essere meno indegno di celebrare
con un tale Pontefice, per partecipare alla sua immolazione eucaristica,
bisogna assolutamente saper rinunciare a Sé stesso: "abneget semetipsum",
e aderire così, in spirito e verità, alla Vittima della Croce e dell'Altare...
Non dimentichiamolo, è in questa morte morale di tutti i giorni, è in questa
abbandono della nostra volontà alla Sapienza e all'Amore del Padre che consiste
la più autentica e la più alta celebrazione del S. Sacrificio.
Ecco
veramente ciò che vuol dire "comunicare al suo Corpo e al suo Sangue,
comunicare alla sua vita e alla sua morte". Per Lui, è sempre il "tradidit
semetipsum". E con Lui, anche per noi, celebrare con Lui vuol dire
"abbandonarci senza riserve". In effetti, non si può, in questa Messa integrale,
separare l'Ostia dal Celebrante, perché il Celebrante deve essere sempre, come
Gesù Sacerdote, un'ostia.
Non ci
inganniamo: solo un amore forte come la morte dà la soluzione di questa sublime
Mistero... Non ci sono che gli eroi dell'amore che sanno morire così, perché
essi solo sanno abbandonarsi. Essi soli hanno veramente compreso e vogliono
riprodurre, nella loro vita cristiana, questo "tradidit semetipsum",
l'abbandono totale del Cristo sul Santo Altare!
Il Calice di salvezza
Parliamo ora
della Missione di salvezza del Calice. "Calix salutaris", offerto per la
redenzione di molti. Ah, le nostre anime sono state riscattate ad un così alto
prezzo! Noi siamo costati quel che vale agli occhi del Padre il torrente versato
sulla Croce e la cui effusione svuotò le vene del Salvatore, "redemisti nos
Deo in Sanguine tuo!" (Ap V, 9).
In effetti, la
principale missione di salvezza nella Chiesa, non è né la parola né
1'ammirabilissima attività di un Francesco Saverio. No! Questa attività
apostolica suppone un Sangue redentore. La principale missione effettiva e
reale, perché eminentemente divina, è precisamente quella della Croce, quella
perciò del S. Sacrificio. Questo è assolutamente il prodigio redentore del
Giovedì Santo, coronato dal miracolo del Venerdì Santo.
La S. Messa
li comprende tutti e due: il dramma del Cenacolo e la divina tragedia del
Calvario, l'immolazione mistica del Giovedì Santo e quella cruenta del Venerdi
Santo!
Non è questa
una lezione tanto solida quanto confortante per la folla di belle anime che
piangono, aspettando la conversione di una persona cara? Perché - ahimè! - i
prodighi e i pubblicani abbondano anche nelle famiglie cristiane.
Quale nobile
e santa angoscia è quella di una sposa cristiana, di una madre modello, di una
figlia pia, che hanno in casa il cadavere morale di un marito, di un figlio, di
un padre, lontani da Dio, che lavorano, guadagnano del danaro, godono della vita
sull'orlo stesso dell'inferno!... La morte avanza, li aspetta al varco, potrebbe
sorprenderli come un ladro e i loro conti non sono pronti; al contrario!...
Quante anime sante, quante ferventi Religiose e soprattutto, quanti preti, pieni
di zelo, soffrono questa angoscia, sentendo la responsabilità delle anime in
grave pericolo!
Che cosa fare
in tali situazioni? quale segreto misericordioso potrà ottenere queste
risurrezioni morali, molto più difficili di quella di Lazzaro? Perché
convertire un'anima ingrata e indurita è un prodigio molto più straordinario
che rianimare un cadavere... Come ottenere questo prodigio? Con la onnipotenza
misericordiosa del S. Sacrificio! Perché una sola Messa pesa di più nella
bilancia della giustizia e della misericordia che tutte le buone opere di tutti
i Santi! Sul loro esempio, compiamo, sì, anche noi le loro opere buone,
penitenze, elemosine, preghiere. Ma perché queste opere divengano feconde fino
al miracolo, mettiamole come una goccia d'acqua nel Sangue prezioso del
Calice!
Parliamo
spesso di anime "impossibili da convertire"... Convertire delle anime che
sembrano inconvertibili! Che grande miracolo ci vorrà per far piangere di
pentimento un disgraziato peccatore che si è allontanato dai Sacramenti e
conduce una vita scandalosa da lunghi anni! Ed eccolo purificato nella piscina
di una confessione ammirevole per sincerità: guardatelo: con quale pietà va a
ricevere il Dio della sua prima Comunione, dopo un'assenza dal focolare della
Chiesa di quaranta anni e più!... Questo "impossibile", dunque, non esisteva
affatto: il miracolo è avvenuto!
Queste
meraviglie si ottengono molto spesso ed è sempre il grido della Vittima
dell'Altare che le provoca. Il Padre non può rifiutare questa gloria e questa
vittoria al suo diletto Figlio, che rese l'ultimo respiro chiedendo perdono e
donando il Paradiso con una misericordia infinita.
Ma il Cielo
esige sempre che si paghi il debito della giustizia. Il miracolo esplode quando
la giustizia è perfettamente placata. È allora che la misericordia frantuma le
tombe e fa cantare i morti risuscitati.
Le devozioni
non mancano, ma la regina di tutte, quella del S. Sacrificio della Messa, ci
manca troppo spesso. Ed ecco perché le grandi conversioni non avvengono. Io
vorrei provocare una forte reazione tra i buoni cattolici su un punto così
importante. Con la Regina dei dolori, e come Giovanni e Maddalena ai piedi della
Croce, preghiamo e piangiamo davanti al Calvario dell'Altare, facciamo violenza
alla Vittima divina in favore dei cari figlioli prodighi dei nostri focolari.
Strappiamo con la onnipotenza della Messa questi miracoli.
È con questo
mezzo, classico a partire dal Venerdì Santo, che si fende la roccia dei più
grandi peccatori. La mia convinzione profonda è questa: un focolare dove vi è
veramente un'anima fervente innamorata della Santa Messa, paga il riscatto e
quindi salva dall'inferno coloro che sono in pericolo. Quest'anima è apostolo
perché porta il Calice della salvezza nel suo cuore e il suo cuore vive nel
Calice! È così che mia madre è stata la felice garante davanti a Dio, lo
strumento di salvezza di mio padre, di mio fratello maggiore. E anche della mia
vocazione. Parlo più che mai di una felice esperienza.
Metto le mie
mani sul Vangelo e sull'Altare per testimoniare che dico la verità!... Io sono
certo che, se voi siete fedeli e docili a seguire questo grande consiglio, mi
benedirete un giorno, in compagnia di coloro che voi avrete convertito e
salvato con l'apostolato della Messa.
Sì, che i
miei confratelli nel sacerdozio mi ascoltino con benevolenza; che mi leggano con
attenzione i predicatori e i missionari e tutti gli apostoli dell'Azione
Cattolica! Nell'affermare ciò io non faccio, in fondo, che una glossa molto
semplice alla preghiera della Chiesa nell'offerta del Sacrificio: "Accetta,
Padre Santo, questa Ostia immacolata, per la quale noi domandiamo la vostra
clemenza... per la nostra salvezza e quella del mondo intero!".
E dal momento
che io parlo con tanta compassione cristiana della missione misericordiosa che
deve condurre tanti sviati all'ovile, credo molto opportuno ricordare qui che il
suffragio per eccellenza per le anime sofferenti del Purgatorio fu e resterà
sempre l'oblazione della S. Messa. Infatti, la nostra Santa Madre Chiesa riversa
ogni mattino fiotti del Prezioso Sangue, come una rugiada di sollievo e spesso
anche come prezzo d'una liberazione definitiva, per le anime che si purificano
ed espiano in quei luoghi di tormento.
Mi sembra che
migliaia di anime volino in Paradiso, cantando le divine misericordie, mentre
il Sacerdote e i fedeli pagano ai piedi dell'Altare l'ultimo centesimo del loro
debito. Non dimentichiamole mai queste povere anime quando offriamo l'oblazione
della Messa! E in un modo specialissimo, preghiamo per le anime sacerdotali del
Purgatorio che, avendo rinunziato a una famiglia naturale, sono spesso le più
abbandonate.
Beati i
misericordiosi, perché otterranno misericordia!
Sappiamo amare
Stiamo già
per terminare questa meditazione e io spero che, come un bel sole, essa abbia
illuminato e riscaldato l'anima dei cari lettori.
Qui si impone
un'affermazione dottrinale della più alta importanza di cui si trovano
profondamente saturate ed impregnate tutte le pagine del Vangelo e le Epistole
di S. Paolo. Intendo parlare di ciò che il Grande Apostolo chiama "la scienza
della Carità di Gesù Cristo". Sì, questa divina Carità ci incalza, "urget
nos".
Disgraziatamente sono
numerosi coloro che temono di parlare apertamente di questo tema, e ciò
semplicemente perché hanno una grande paura di amare! E, per scusarsi tentano
candidamente di prevenirci - essi dicono - contro il pericolo che chiamano
"sentimentalismo, sdolcinatura, sogno" fantastici e poetici. Come se il primo
comandamento "Amerai!" fosse un'aberrazione del Cielo, e come se lo spirito e lo
stile di S. Paolo fossero debolezza o sogno!
No, mille
volte no! amare non è né sentire né poetare... Amare, è donarsi. Ora, questo
sublime donarsi a Dio e alle anime fu e resterà sempre il fondamento e la
quintessenza di ogni virtù cristiana. L'amore divino è il grande, il solo
segreto di ogni eroismo: "La perfezione della Legge è l'Amore" (Rm XIII, 10).
Amare è possedere Dio nel fondo delle nostre anime. Ora, Dio è Amore! E perciò
chiunque ama davvero, è già o sarà domani un Santo.
Vantarsi di
essere un pensatore o un intellettuale è cosa molto facile, perché ciò non ha
alcuna conseguenza morale e non obbliga a niente... Molto spesso questa pretesa
non è che gonfiore, per fortuna senza dolore!... Invece, amare è stato sempre
molto arduo.
In effetti,
darsi, abbandonarsi alla sequela di Gesù Cristo non è affatto sentimentalismo,
ma un martirio interiore. L'amore vero è sempre un nobile tiranno. E tuttavia
"amare" è proprio "il primo e il più grande dei comandamenti!". E, siccome è
così facile credersi e dirsi ragionatore e intellettuale, noi abbiamo una
legione di costoro, mentre, per viltà, perché non si osa darsi amando con tutto
cuore, i Santi, gli eroi ci mancano! Domandate al martire dei lebbrosi, il
celebre padre Damiano, se l'amore è sentimentalismo e debolezza o se non è... un
dolce e terribile tiranno.
E il Santo
Sacrifico è per eccellenza il Mistero della Fede e dell'Amore. La sua
spiegazione soprannaturale, tanto sobria quanto forte e divina, si ritrova in
queste parole: "Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unico Figlio" (Gv
III, 16). È lo Spirito Santo che parla così; noi possiamo dispensarci dai nostri
poveri commenti.
Perciò, è
l'Amore di Dio Padre e di Dio Figlio, Incarnato e Ostia sempre per amore, che ci
dona la chiave di questo ineffabile mistero. E nella stessa maniera che nel
Cielo la contemplazione beatifica si risolve in un'estasi d'amore, non
certamente infinita ma smisurata, così anche quaggiù il mistero del S.
Sacrificio si rivela nella luce che sgorga sempre dalla fiamma di un'ardente
carità.
È proprio il
caso di gustare quel detto ben conosciuto dai Santi: "Ama e conoscerai". Se tu
vuoi veramente penetrare nell'oscurità di questo grande Mistero, se tu desideri
contemplare ciò che è incomprensibile nel dramma del S. Altare, allora: ama!
ama! ama perdutamente e tu conoscerai! Nella divina chiarezza provocata da un
immenso amore, tu vedrai ciò che Maria, la Regina dei dolori, vide sul
Golgota,
Oh, la calma
meravigliosa di Maria, e la sua pace dolce e inalterabile nel contemplare il
deicidio commesso dai carnefici! Non un grido non una protesta indignata esce
dalla sue labbra... Eppure ella soffre l'agonia, ed ella è la Madre, una Madre
unica per la nobiltà sublime della sua Maternità divina e verginale. GuardateLa
in piedi, intrepida, pur soffrendo l'indicibile, ma in un oceano inalterabile
di pace. Ascoltatela: i suoi pianti sono quelli di una tortorella ferita, e i
suoi gemiti hanno quasi le modulazioni di un canto, di un Magnificat che rapisce
gli Angeli!
Come
spiegarci questo atteggiamento incomprensibile di Maria al Calvario? Ah! la sua
pace è nel fondo del suo Cuore che ama come nessuna persona ha mai amato in
questo mondo! È dunque il suo amore che La fa penetrare in questo Mistero di
sapienza e di follia della Croce. Ella è imperturbabile e calma perché Ella
vede. Sì, Ella vede e comprende meravigliosamente il Mistero del Calvario,
perché Ella ama con Cuore di Madre, di Vergine e di Martire... Ella è la Madre
del Bell'Amore. PreghiamoLa che voglia ottenerci, con il raggio di una grande
conoscenza, la fiamma di un amore immenso. Allora, come Lei, noi penetreremo nel
Mistero della Croce che è quello dell'Altare: "Ama e conoscerai!".
I Santi, come
un Curato d'Ars, un Filippo Neri, un Vincenzo de' Paoli, un Giovanni Bosco,
possedettero certamente la scienza della Carità, amarono di un amore forte come
la morte. È per questo che sono i Santi specialisti del S. Sacrificio della
Messa. Quanti grandi Maestri di teologia non otterrebbero un buon voto se
dovessero subire un esame su questa tesi da parte del santo Curato d'Ars!
Noi abbiamo
fiotti di luce elettrica, ma luce molto fredda e che rende ammalati gli occhi
dell'anima. Luce elettrica, diciamo, quella di uno studente che legge molto, ma
prega poco. Spalanca gli occhi, desideroso di vedere... Ahimè! senza saperlo
soffre di cateratte spirituali, perché non ha il tempo di meditare!
Sfortunatamente, non ama di un grande amore. L'Altare è davvero la cima che
tocca il trono dell'Altissimo. Speculativamente vi salgono solo i dottori ed i
pensatori, ma della statura di Tommaso d'Aquino, di Bonaventura, di Bellarmino,
di Contardo Ferrini: i Santi. Perché la S. Messa, ha detto qualcuno, è l'estasi
ufficiale della Chiesa e la più alta contemplazione, molto più sublime di quella
di S. Paolo. Ma ugualmente, sono numerosi gli umili, i piccoli che gustano con
delizia il Mistero del S. Sacrificio. Hanno veramente il privilegio di
squarciare il velo, e ci stupirebbero molto se dovessero rispondere a questa
domanda: "Come comprendete la S. Messa per quanto riguarda la gloria di Dio e la
salvezza delle anime?". E ascoltandoli, meravigliati, voi comprendereste con
profonda emozione perché il Salvatore, trasalendo di gioia, esclamò: "Ti rendo
grazie, Padre, perché hai nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti di
questo mondo e le hai rivelate ai piccoli!" (Lc X, 21).
Amiamo dunque
Gesù Cristo, amiamoLo con un amore infuocato e con un santo delirio! E allora
Lui, per ripagare il nostro amore, ci introdurrà nel santuario del suo Cuore e
là ci racconterà i secreti che il Padre ha affidato a Colui che è il suo
Splendore e il suo Diletto.
Amiamo, e
allora Colui che si è detto "Lux mundi" e che è Salvatore e Pontefice del
S. Sacrificio, ce ne affiderà la chiave, la comprensione che riserva ai suoi
amici, che diede a S. Giovanni, il privilegiato della Cena e del Calvario.
Se noi amiamo
di una immensa carità, come solo i Santi sanno amare, allora noi comprenderemo
ciò che i Santi compresero, frutto prezioso e dilettevole del loro amore...
"Ama e conoscerai!".
Mentre i
fedeli adorano e pregano, e il Celebrante offre al Padre, con questa "maxima
actio", l'Ostia divina, gli Angeli cantano, alternandosi con i Santi: "Dio
ha così amato il mondo da dargli il suo unico Figlio" (Gv 111, 16).
ContemplateLo all'Altare. È proprio la Vittima del suo amore per il Padre, e
anche la Vittima dell'amore che Lo dona irreversibilmente, a noi, sue creature
ingrate!
Il Paraclito
Ho detto
spesso predicando, ma ci tengo a ridirlo in questo piccolo libro: noi ignoriamo
tante cose semplici e sublimi sul Mistero dell'Altare, perché lo Spirito Santo
non è amato. Egli è invocato soltanto nel campo cattolico molto pio. Ahimè!
quanto poco numerosi sono quelli che abitualmente fanno ricorso al Paraclito,
Luce sostanziale e Amore increato! Il Sole della Pentecoste è un po' dappertutto
avvolto di una nebbia fitta e fredda di indifferenza... Dio misconosciuto! E
tuttavia, solo il Paraclito ha la missione, nella Chiesa, di illuminare le
anime, di riscaldarle e di santificarle, Lui solo, il "Santificatore"! Non è
dunque strano che, dopo venti secoli di cristianesimo, il Sacrificio della Messa
sia così poco apprezzato da una folla di fedeli, che hanno certamente una
"buona fede", ma non sempre la "vera fede".
Ah!
bisognerebbe far bruciare davanti all'Altare il candelabro ai sette Doni dello
Spirito Santo, perché il celebrante e i fedeli penetrino nel Santo dei santi,
ripieni della dolce maestà del Signore. Dopo che il velo del Tempio di
Gerusalemme fu squarciato, un Veneri Santo, noi abbiamo tutti il diritto
d'entrarvi: il Figlio di Dio colà ci chiama e ci attende!
Consigli pratici
Ora, sempre
sotto le ali e il soffio dello Spirito Santo, consideriamo la maniera pratica
di ravvivare in noi e intorno a noi la fiamma che dovrebbe consumarci con la
Vittima sacrosanta della Messa.
E prima di
tutto, bisognerà decidere molto risolutamente di fare uno studio molto serio del
S. Sacrificio, tesi del più alto valore teologico e spirituale. Le opere non ci
mancano, avremo persino l'imbarazzo della scelta. Ma bisognerebbe soprattutto
fare uno studio a parte del "Canone" della Messa, vero mosaico composto di
frammenti delle più antiche preghiere della Chiesa. Ci assicurano che vi si
trova la polvere d'oro della Messa delle catacombe, anche frammenti, sembra, di
S. Ireneo.
Poi, non
contentarsi di assistere corporalmente alla Messa, ma parteciparvi, offrirla
con il sacerdote, cioè seguire su di un libro tutte le preghiere liturgiche e
tutte le cerimonie, o avere delle preghiere di nostra scelta consone con il S.
Sacrificio. E guardiamoci bene dal tagliare questa corrente soprannaturale o
di interrompere indiscretamente il concerto sublime della Chiesa con delle
devozioni private che non convengono con la maestà della Liturgia ufficiale.
Adoriamo, lodiamo e preghiamo l'Altissimo per Gesù Cristo Nostro Signore, in
perfetta unione con la Santa Chiesa. Offriamo il S. Sacrificio per Lui, con Lui
e in Lui! Tra le sue braccia e sul suo Cuore adorabile, saliamo fino al Padre
che, in quel momento, mette tutte le sue compiacenze nel Figlio che pontifica
all'Altare.
Ed infine,
promettiamo sinceramente di non mancare mai ad una Messa per colpa nostra.
Dunque: Messa e Comunione quotidiane, se il dovere ce lo permetterà.
La Santissima Trinità
Il
Cristo-Mediatore è la scala di Giacobbe per la quale dobbiamo salire fino al
Padre. Perché nessuno può andare a Lui se non per il Figlio!
Ed ecco ora
un frutto squisito dell'amore del Santo Sacrificio: la devozione alla SS.ma
Trinità
Per una dolce
e lunga esperienza posso affermare che non ho mai incontrato un vero devoto
dell'Augusta Trinità che non vi sia arrivato per la via regale del Mediatore
della Messa. Sì, la conoscenza e l'amore del Padre e della Trinità nascono e si
sviluppano sempre nel raggio dell'Altare. Questa devozione sboccerà un giorno
nel cantico degli Angeli "Sanctus,
Sanctus, Sanctus, Deus Sabaoth!".
Sembra molto opportuno
dire qui una parola sulla Festa della SS.ma Trinità, liturgicamente celebrata la
prima domenica dopo la Pentecoste. Ah! Ma la Trinità è una Maestà talmente al
disopra dei cieli e talmente gloriosa che converrebbe prolungare tutto l'anno la
celebrazione di questa bella domenica. Ecco dunque una affermazione tanto bella
quanto dottrinale: la grande, la meravigliosa Festa della SS.ma Trinità,
celebrata all'unisono con il Cielo, la Terra e il Purgatorio, lungo tutto il
giorno e l'anno, festa ininterrotta e infinitamente gloriosa è il S. Sacrificio
della Messa!.
Sì, la Chiesa
trionfante, militante e purgante si uniscono in uno stesso slancio d'adorazione,
di lode e d'amore per cantare ad ogni Messa: "Gloria in excelsis Deo!...
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto in Altari!". Non c'è, e non può
esserci una celebrazione della SS.ma Trinità più divina e dunque più degna della
Divinità, che l'inno ufficiale di lode del Pontefice, del Mediatore e della
Vittima del S. Sacrificio. "Confitebor Tibi in cithara, Deus!" dice la
Chiesa: "Io ti lodo, o Dio, sull'Arpa divina che è il Cuore del Sommo
Sacerdote, l'adorabile Celebrante della Messa!". È questo già il concerto
dell'eternità, ma trasportato all'Altare con la "sordina" del mistero
eucaristico. Sì, la S. Messa è dunque l'aurora di un Paradiso che non attende
che il nostro trapasso per rivelarsi senza veli.
La Realtà
tutta divina e sostanziale è assolutamente la stessa in Cielo e sull'Altare...
Ah! ma non la visione e il possesso di questa Realtà, di questo Tesoro... La
perfetta visione, faccia a faccia, e il possesso definitivo, eterno, è
l'appannaggio riservato ai cittadini del Cielo!
Come sarebbe
augurabile che soprattutto i sacerdoti avessero una devozione bruciante,
straordinaria, per questo ineffabile Mistero, ma una devozione fondata sulla
dottrina e stimolata da una reale pietà!... Ogni Sacerdote dovrebbe essere
sempre per sé e per gli altri un "grande specialista" del S. Sacrificio. Com'è
vero l'aforisma che dice: "Qualis Missa, talis Sacerdos": il Sacerdote è
qual è la sua Messa.
Beato il
sacerdote che sa preparare con molta cura la sua Messa, che la sa assaporare
molto lentamente e deliziosamente e che ne vive, con cuore pieno! "Donaci,
Signore, molti santi Sacerdoti che comprendano questa dottrina, ma che
soprattutto ne vivano".
Riparazione!
Noi abbiamo
affermato con un santo ardore che la S. Messa è l'espiazione adeguata e
perfetta dei peccati del mondo. Ricordiamoci a questo scopo con quale insistenza
il Salvatore domandò a S. Margherita Maria un'ammenda onorevole, piena d'amore,
e una riparazione fervente e solenne per gli spaventosi sacrilegi di cui è
Vittima nel S. Sacramento.
Non
dimentichiamo, infatti, che consegnandosi al Padre, Gesù, che vedeva attraverso
i secoli, si consegnava a Giuda e ai suoi scherani ed eredi. Ahimè! la dinastia
di quel traditore è lungi dall'essere estinta! Come si sono diffusi dappertutto
i Giuda che tradiscono e consegnano il loro Maestro con un bacio! Meglio sarebbe
stato per essi non essere mai nati! S. Paolo dice che queste anime sacrileghe
mangiano e bevono la propria condanna! (1 Cor XI, 29).
Ah! non ci si
immagina con quale furore satanico ci si accanisce contro la Persona di Gesù,
presente sotto il bianco velo dell'Ostia. Egli è colà il centro e l'oggetto di
un amore che giunge fino al delirio... Ma anche, ahimè! Egli è la vittima di un
odio come quello degli scribi e dei Sacerdoti che abbeverarono di sarcasmo
l'Agonizzante del Calvario!
Pietà per
tutti, Re d'Amore, pietà e perdono, Gesù-Ostia, per tutti questi Giuda! Voglia
il vostro Cuore trafitto prendersi una vendetta di misericordia, perché essi non
sanno quello che fanno!
"Parce,
Domine, parce sacerdotibus tuis, parce populo tuo, ne in aeternum irascaris
nobis... Miserere!".
Ah! se per
chiudere questa meditazione io potessi avere l'ispirazione e il cuore di colui
che cantò il "Lauda, Sion, Salvatorem!".
Se ascoltandomi parlare
con un tono così convinto e vibrante sulla maestà del S. Sacramento, la
creazione si sentisse commossa e sconvolta come lo fu alla morte del Signore, il
Venerdì Santo! E se, afferrata da questa commozione, si disponesse ad esplodere
in un inno di lode al Creatore nascosto nell'Ostia, io la fermerei dicendo:
"Sole, stelle e vulcani, valli e oceani, foreste, vigne e giardini, tacete, non
cantate ancora!
Angeli e
Santi del Paradiso, anche voi restate muti un momento, non cantate ancora!
E voi, Maria,
Regina della creazione, Voi la Madre divina del Re dei re, in ginocchio ai
vostri piedi, io oso pregarVi di fare un momento di silenzio, perché l'Arpa
divina all'Altare, che è il Cristo, sta per vibrare, per cantare al Padre!
Gesù-Vittima,
Gesù-Mediatore, Gesù-Pontefice, cantate, lodate e benedite l'Altissimo a nome
dell'umanità riscattata dal vostro Sangue prezioso!
Cieli,
tacete; terra, taci mentre migliaia di Sacerdoti, da un polo all'altro della
terra, elevano l'Ostia e il Calice! Ed ora, cieli e terra, ascoltate: l'Arpa
adorabile già vibra... Essa canta all'Altare l'inno che cantò il Venerdì Santo
sul Calvario!
Oh! Cristo
Gesù, cantate dunque alla SS.ma Trinità, con la Chiesa e a nome di tutta la
creazione!
Gloria al
Padre, l'Amore onnipotente! Gloria al Figlio, l'Amore misericordioso! Gloria
allo Spirito Santo, l'Amore sostanziale! Gloria all'Altissimo nei Cieli!
Gloria alla
Trinità sull'Altare del S. Sacrificio!".
E il Cielo e
la terra rispondano: "Osanna! Osanna! Amen!... Fiat, fiat per i secoli senza
fine!".
È Sacerdote
fervente e vero cristiano colui che sa veramente apprezzare il prodigio d'amore
e di grazia che è il S. Sacrificio della Messa, che l'ama con una santa passione
e che soprattutto si sforza di viverne... questo predestinato - io dico - ha
avuto il privilegio inestimabile di trovare, come la Samaritana, il Messia
Salvatore. Ma ben più fortunato di lei, egli ha ricevuto nel Cuore di Gesù la
fonte d'acqua viva che zampilla fino alla vita eterna.
Domandate con
fervore allo Spirito Santo la luce divina che scaturisce da una fiamma divina,
per conoscere profondamente il Dono per eccellenza che è
l'Eucaristia-Sacrificio e l'Eucaristia-Sacramento! E per la scala di Gesù, che
sono le braccia del Sommo Sacerdote e della Vittima dell'Altare, salite fino al
trono della SS.ma Trinità... E allora, con una audacia tutta filiale, rapite il
Cuore del Padre mediante il Cuore del Figlio, il Mediatore del S. Sacrificio
della Messa! Trois-Rivières 17
dicembre 1948
P. Mateo Crawley, SS. CC.
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